Mar Rosso

Google
Web sierraleone.it
Ucraina
Egadi

Notizie

AFRICA 10/3/2006
KOFI ANNAN IN VISITA NEL CONTINENTE PER DUE SETTIMANE...
Africa
ENERGIA IDROELETTRICA E SVILUPPO SOSTENIBILE, SE NE DISCUTE IN SUDAFRICA...
AFRICA
CAFFÉ: CROLLA LA PRODUZIONE, SERIE CONSEGUENZE PER ECONOMIA LOCALE...
Africa 2/3/2006
Notizie da Angola, Zambia, Mozambico e Algeria...

Storia

Un rifugiato
Un rifugiato...
Sierra Leone: bambini-soldato, la sfida dei missionari
I più vengono rapiti, altri si arruolano volontariamente. Ma per tutti il destino è atroce: drogati,...

Racconti di viaggio

L'attività di Emergency in Sierra Leone
L'ospedale costruito da Emergengy ....
L'attività di Emergency in Sierra Leone
L'ospedale costruito da Emergengy ....


Un rifugiato


Alphonsus Gbani ha 32 anni, è di Freetown, capitale della Sierra Leone. Oggi vive con la sua famiglia a Conakry, in Guinea. «Sono nato nel 1967 a Myamba, una grande città al sud della Sierra Leone», racconta. «Nell'88 ho iniziato a lavorare come assistente sociale nella città di Makeni. Ero impegnato nella causa dei diritti umani, e per questo motivo ero nella lista nera del Fronte unito rivoluzionario (Ruf). Il 15 dicembre del 1998 a Makeni avevo tenuto un discorso pubblico molto duro e immediatamente i ribelli iniziarono a cercarmi. Durante la notte io, mia moglie e i miei due figli siamo stati svegliati dal rumore di alcuni spari e abbiamo deciso di lasciare Makeni. Era il 23 dicembre. Ci sono voluti sei giorni per arrivare a Freetown insieme ad altri parenti. Eravamo in tutto trenta: c'erano mia moglie i nostri due figli, di tre e sei anni, i miei nipoti, alcuni cugini, la sorella di mia nonna, alcuni zii e zie. Io ero a capo del gruppo. Dalla fretta siamo partiti solo con i vestiti che indossavamo. Ci fermavamo nei villaggi per riposare e dormire, e la gente ci aiutava offrendo cibo e nascondigli. Alcuni di noi si sono ammalati di malaria, perché non avevamo nessuna protezione per le zanzare. Un medico di un villaggio vicino ci ha donato delle erbe. Quando non trovavamo un villaggio dormivamo all'aperto. Gli incubi popolavano i nostri sonni. Il giorno del nostro arrivo a Freetown siamo andati da mia madre che con il suo nuovo marito abitava a Grassfield, nella parte est della città. Siamo rimasti tutti quanti là, eravamo 49. Il 15 febbraio del nuovo anno siamo stati svegliati dal rumore degli spari. Dopo cinque giorni i ribelli del Ruf sono entrati in casa. Hanno preso i ragazzi perché avevano bisogno di maschi giovani. Hanno portato via anche tre ragazze, e da quel giorno mia moglie e altre donne hanno cominciato a vestirsi da vecchie. Tra le cose più orribili che abbia mai visto, c'è quella gente con le mani e le braccia tagliate di netto e tutti quei cadaveri buttati sull'asfalto a Freetown. Il giorno che siamo partiti per Conakry abbiamo incontrato molta gente che scappava, fortunatamente non ci siamo mai imbattuti nei ribelli. Sapevo bene come riconoscerli: hanno tutti una piccola cicatrice sulle tempie, dentro la quale mettono una presa di cocaina, per essere ancora più violenti. Una volta passato il confine siamo arrivati nell'area dei campi profughi di Forecariah, dove ci sono nove tendopoli. Siamo stati accolti in quella di Farmoreya. C'erano tantissime tende, pioveva e il terreno era viscido e fangoso, per poi trasformarsi in una terra secca e polverosa. Mangiavamo solo cereali e lenticchie. C'erano delle latrine all'aria aperta. Presto scoppiò un'epidemia di polmonite. Così dopo un mese abbiamo deciso di lasciare il campo. Ho trovato una casa a Conakry dove vivo con la mia famiglia dal marzo del 1999. Una volta ho parlato con uno dei ribelli. Avrà avuto 25 anni, e se avessi potuto ucciderlo con le mie mani l'avrei fatto, ma non ne ho avuto il fegato. A Conakry stiamo bene. Io continuo a lavorare per la causa dei diritti umani, anche se nessuno può pagarmi. Parenti e amici ci danno una mano. Torno sui campi ogni due settimane, per cercare di aiutare la gente laggiù. Abbiamo avuto molta fortuna: Conakry non è pericolosa, mia moglie cerca di dare un'istruzione di base ai bambini, e riusciamo a mangiare due pasti ogni giorno».

La famiglia Gbani, nella disgrazia, può considerarsi fortunata rispetto al mezzo milione di profughi della Sierra Leone, tra i paesi più poveri dell'Africa. La maggior parte dei rifugiati vive in Guinea, in Liberia e in Gambia, mentre 300 mila sono sfollati interni. Sono fuggiti dal conflitto iniziato nel 1991 a opera di un gruppo di ribelli del Ruf, Fronte unito rivoluzionario. Che ha instaurato immediatamente un regime di terrore. Tra gli abusi più ricorrenti lo sfruttamento sessuale, la schiavitù e le mutilazioni di arti agli uomini, commessi a un ritmo forzato. Quasi la metà del Ruf era composto da bambini costretti ad arruolarsi e a consumare droghe, per poter uccidere con più ferocia. Alla fine del 1998, i ribelli hanno conquistato Freetown, causando altri esodi e nuovi profughi.

go back



Curiosità

SIERRA LEONE - 5/2/2005
PAROLE E MUSICA PER UN "CAMBIAMENTO POSITIVO DELLA NAZIONE"...
Buone notizie da padre Pini
Buone nuove da padre Pini da Freetown...
Iniziati i lavori per un nuovo ospedale
Iniziati i lavori per un nuovo ospedale...
Sierra Leone e gli scimpanzé
Sierra Leone e gli scimpanzé...

Sudafrica

Geografia

Situazione Sanitaria
Situazione Sanitaria...
Dati geografici
La Sierra Leone in cifre...

 

iscriviti alla mailing list

la tua email

subscribe unsubscribe