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AFRICA NERA. ARTE E CULTURA


DAL 16 MARZO AL 30 GIUGNO, IL MUSEO CIVICO ARCHEOLOGICO DI BOLOGNA PROPONE LA MOSTRA “AFRICA Nera. Arte e cultura”.
L'esposizione ruota intorno alla straordinaria raccolta di sculture africane dei territori subsahariani messa insieme da uno dei maggiori esperti dell'arte di quel continente, Ezio Bassani ma, a differenza della presentazione dell'estate del 2000 nelle sale del Palazzo Reale di Milano, ha taglio e contenuti assolutamente originali.
La grande mostra di Bologna, infatti, parte dalla presentazione dei reperti della Collezione Bassani (destinati al costituendo museo milanese delle Culture Extraeuropee) per allargarsi, sia pure per exempla, intorno ad tema molto più ampio ed affascinante, ovvero l’influenza che, già in antico, l’arte africana ha avuto sull’arte e sull’artigianato in Europa e, per opposto, quanto le esigenze della clientela europea abbiano inciso su alcune espressioni dell’arte e dell’artigianato dell’Africa Nera.
L’analisi non riguarda tanto l’ormai comprovata influenza che le cosiddette “arti primitive” hanno avuto sulla storia dell’arte occidentale tra Ottocento e Novecento, quanto invece su ciò che era avvenuto nei secoli precedenti, in situazioni sino ad oggi meno indagate se non del tutto sconosciute.
Come ricorda in catalogo Ezio Bassani (che, con Cristiana Morigi Govi, cura la mostra di Bologna), i primi contatti e le prime esplorazioni moderne dell’Africa non mediterranea risalgono agli inizi del 1300 e già nel 1375 le città di Goa e Timbuctu sono correttamente posizionate nell’Atlante del re di Francia, Carlo V. Negli stessi anni, anche gli italiani stabiliscono le prime basi per il commercio con questi territori e un secolo dopo Antonio Malfante, in missione commerciale, si spinge lungo il bacino del Niger.
Timbuctu, città ricca e raffinata, venne visitata da Benedetto Dei, agente dei Portinari e poi dei Medici, mentre i genovesi tentano la via del mare, scoprendo prima le Canarie e poi le Azzorre. A questi tentativi fa seguito l’esplorazione sistematica delle coste del continente, avviata a metà del ‘400, dai Portoghesi che raggiungono il golfo di Guinea, quindi la Sierra Leone, il Ghana (definito, non a caso, Costa d’Oro), poi il Congo, il Benin, per raggiungere, nel 1486, con Bartolomeo Diaz, il Capo di Buona Speranza e, nel 1498, con Vasco de Gama, le Indie. Dopo aver circumnavigato il continente nero la strada è aperta e l’Africa divenne meta di spedizioni di tutte le potenze marittime.
Con le navi di ritorno, giungono in Europa i primi esempi d’arte africana, Il primissimo arrivo documentato è del 1470 ed ha per oggetto una spada ed alcune statuette di legno acquistate da Carlo il Temerario da un cavaliere portoghese. Da allora, i prodotti di un'arte che destava curiosità enorme entrano a far parte delle collezioni e delle camere delle meraviglie di chiunque potesse permetterselo. L'interesse sollevato dall'arrivo in Europa di questi reperti è tale da creare una moda culturale e un doppio circuito: accanto ai manufatti propri delle culture dell’Africa Nera, gli artigiani di quei territori vennero incaricati di creare opere in avorio riservate al mercato europeo: saliere, cucchiai, forchette, impugnature di coltelli e olifanti in cui sono combinati elementi iconografici e formali africani con altri di origine chiaramente europea.
Di queste bellissime opere la mostra di Bologna allinea alcuni esempi stupefacenti tutti provenienti da raccolte emiliane e romagnole, a testimonianza di un gusto collezionistico per l’esotico che aveva preso piede fin dai primi del ‘500 per esplodere poi nei due secoli successivi.
Con i preziosi manufatti d’avorio, la nobiltà bolognese ha cercato e, a caro prezzo ottenuto, anche altre “africanerie”, come i tessuti di filo di palma provenienti dall’antico Regno del Congo.
L'arrivo degli oggetti ha alimentato anche la voglia di saperne di più sulla realtà dei mitici territori di provenienza.
Mediatori di conoscenza sono stati, accanto a uomini d’arme e mercanti, i missionari che da subito erano stati inviati dai rispettivi ordini religiosi a convertire le “popolazioni pagane”.
Attivi furono, tra gli altri, i Cappuccini che fondarono in Congo e Angola la cosiddetta “Missio Antiqua”. Esponente di rilievo dell’Ordine è Padre Giovanni Antonio Cavazzi da Montecuccolo (1621 – 1678) che esercitò per circa un ventennio la sua missione in Congo, Matamba e Angola, e di quei paesi e dei loro abitanti scrive una monumentale "Istorica descrizione" che viene pubblicata postuma nel 1687; tre secoli dopo (1969) sono ritrovati tre manoscritti contenenti notizie sulla missione e, soprattutto, in uno dei fascicoli, 33 disegni, eseguiti con inchiostri colorati dallo stesso Cavazzi, che documentano momenti della vita delle popolazioni presso le quali il Cappuccino emiliano aveva esercitato la sua missione. I preziosi disegni sono la più antica testimonianza figurativa su un paese dell'Africa Nera realizzate in loco da un europeo.
La sequenza, ripresa elettronicamente per consentirne una agevole visione, viene proposta al pubblico, per la prima volta, dalla mostra bolognese assieme all'illustrazione di manufatti raccolti nella regione a riprova della fedeltà alla realtà africana dei disegni stessi.
Fulcro dell’esposizione restano, naturalmente, gli 83 pezzi della Collezione Bassani, opere di artisti dei più importanti gruppi etnici della regione che va dall’Africa Occidentale all’Angola, la cosiddetta Africa Nera.
La scultura, di cui la Collezione in mostra offre una esauriente panoramica, è la forma d’arte figurativa più diffusa nei territori sub-sahariani. Le opere sono generalmente in legno, lavorato secondo un procedimento che non permette ripensamenti o errori, senza disegni preparatori, né abbozzi, ma frutto di una eccezionale maestria tecnica unita ad una perfetta capacità di immaginare l’opera finita.
Oggetto delle raffigurazioni è spesso la figura umana, antenato o divinità tutelare, quasi sempre isolata ad eccezione dei gruppi dedicati alla maternità, o le maschere, sia di uomo che di animale. Sono figure che emanano una forte energia e un grande senso di dignità e compostezza.
Di particolare interesse sono alcune delle opere esposte quali, ad esempio, la maschera Bambara dai volumi geograficamente perfetti, la maschera Dan dalla stilizzazione sublime e quella Mama di estrema raffinatezza, o le austere figure di antenati Hemba di regale nobiltà.

La mostra è idealmente dedicata al poeta Premio Nobel Léopold Sédar Sénghor, il “poeta della negritudine” recentemente scomparso (1906 – 2001).

AFRICA NERA. ARTE E CULTURA Bologna, Museo Civico Archeologico (via dell’Archiginnasio 2), dal 16 marzo al 30 giugno 2002.
Orario: 9-18,30
Chiuso lunedì non festivi e 1° maggio.
Ingresso: 6 Euro, ridotti 4 Euro, gratuito sino ai 6 anni.
Mostra a cura di Ezio Bassani e Cristiana Morigi Govi. Catalogo Artificio Skira, con interventi dei curatori, euro 25.

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